sabato 4 luglio 2020

Review Tour: La figlia del diavolo di Lisa Kleypas

Sognatori, oggi il blog partecipa al Review Tour de La figlia del diavolo di Lisa Kleypas edito Mondadori. La nostra Cecile l'ha letto e recensito per noi. Vediamo insieme dettagli e opinione.



Trama

Hampshire, Inghilterra, 1877. Lady Phoebe Clare, bella, giovane e vedova, non ha mai incontrato Weston Ravenel, ma è sicura che si tratti di un mascalzone, meschino e prepotente. Già ai tempi della scuola aveva reso la vita del suo ormai defunto marito un inferno, e non potrà mai perdonarglielo. Ma alle nozze del fratello, Phoebe incontra un giovane uomo affascinante che la incanta… e la stupisce non poco quando si presenta come Weston Ravenel! Potranno mai superare l'ostilità e abbandonarsi alla passione che li attrae l'uno verso l'altra?

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Il parere di Cecile (prodotto fornito dalla Casa Editrice senza scopo di lucro)

«Non dirò una sola parola sull’agricoltura. Parliamo d’altro. Posso vantare una gamma infinita di interessi.» «Per esempio?» Dopo un attimo di riflessione, rispose: «Lasciamo perdere, non ho affatto una gamma infinita di interessi. Ma mi sento come se li avessi». 

Ho pensato molto a cosa scrivere in questa recensione, perché so che molte aspettavano questo libro. Io stessa aspettavo questo libro. Non vorrei, in sostanza, fare la bacchettona e rovinarvi l’attesa, il punto è che non ce la faccio. Un libro d’amore può essere semplice, senza particolari innovazioni, ed entrare lo stesso nel nostro cuore per la chimica tra i personaggi. Uno storico, però, ha dei limiti oggettivi, che devono essere rispettati e mai valicati. Uno tra tutti è la rispondenza storica, che non si limita a date, ambientazione e costumi, ma che tocca dialoghi, atteggiamenti, modi di vivere, reazioni. Insomma, si deve percepire che si è in quell’epoca, non basta descriverli con tube e merletti. 
Ora, qualche errore può farlo uno scrittore alle prime armi, è comprensibile, poi si impara, ovvio. Ma qui parliamo di un’autrice famosa in tutto il mondo, principalmente per i suoi romanzi storici, che ha dietro colossi editoriali, team di studiosi, persone pronte ad aiutarla al minimo dubbio. Quindi ci sono cose che non mi aspetto e non voglio. Non voglio vedere un duca entrare in una stanza e salutare sua sorella con un “ciao, sorella” Non voglio che le dica: Hai visto quello? Sembrava spogliarti con gli occhi. Ti sbavava dietro come una lumaca, perché non ti butti?” Non voglio che una duchessa redarguisca una ragazzina a tavola davanti ad altre persone, tutte ugualmente nobili, chiedendole con ironia che è ironia solo per chi ha scritto la battuta e non per me, pregandola di smettere di palpeggiare le parti basse del suo ospite. E certo non mi aspetto che la vergine risponda: potevamo dividercelo, come se fossero state in un bordello di Bombay. 
Molto tristi i riferimenti a Darwin, che l’autrice ha inserito come “note storiche”, trattandoli come informazioni comuni di cui discutevano le persone magari a tavola, quando all’epoca probabilmente Darwin lo conosceva solo sua madre e per diventare un argomento di conversazione ci sarebbero voluti molti decenni ancora. Come se avesse preso informazioni qua e là e le avesse buttate dentro, senza una reale cognizione di quello che stesse facendo. Ecco, questa è stata l’impressione. Ora, se tutto questo fosse stato un terribile scivolone ma in cambio ci fosse stata una bella storia d’amore, allora magari avrei detto ok, fa niente, le perdono tutto ma quei due erano strepitosi. Ahimè neanche questo. 
C’è questa sorta di dramma che si trascina un po’ inutilmente da inizio libro, in pratica lei detesta lui a prescindere perché quand’era ragazzo tormentava il marito, ora morto. Ma è un dramma in realtà inesistente, perché tutto ciò che questo poverino ha fatto al marito è stato solo di rubargli le merendine. L’ho trovato un escamotage un po’ fiacco per farli odiare, ho trovato surreali alcune conversazioni in cui lei lottava contro se stessa, ricordando le parole della madre: bisogna essere buoni anche con chi non lo merita. Diciamo che sono frasi che non mi aspetto da una vedova di trent’anni, più da un bambino di sei. In più tante tante parti che ho trovato un po’ noiose. Tre pagine per descrivere un vestito, continui dialoghi in cui lui le spiega come migliorare la produzione delle sue terre, come se fosse normale per l’epoca che una duchessa gestisse da sola i suoi appezzamenti terrieri. Si potrebbe dire: ma infatti lei non lo fa, la spronano però tutti a farlo perché credono in lei. Ma siamo nell’Ottocento e questi sono duchi, tra l’altro in Inghilterra, forse uno dei paesi più conservatori di tutta l’Europa. L’amore tra i due si sviluppa un po’ seguendo cose già viste mille volte, lui che si fa male, lei che lo cura da infermierina diligente, lui che si prodiga per i figli di lei, lui che cerca di sconfiggere i suoi demoni, demoni che però non si è ben capito quali siano e tutti lì intorno che non fanno altro che ripetere a questi due di buttarsi sotto le coperte. Ci sono stati un paio di dialoghi carini, ma purtroppo per me è un no. 
Mi spiace. Aspetterò di leggere i vostri comenti per vedere cosa ne pensate. Sono molto curiosa. Io invece aspetto il prossimo della Kleypas, sperando in una ripresa. Anche perché di storici ne escono pochini, se mi abbandona anche lei è finita. Ce li ho tutti i suoi libri. E nulla, qui è tutto. A presto, Cecile. 

Valutazione: due stelle e mezza.


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