Schegge di vetro
Irene Catocci
TITOLO: Schegge di vetro
AUTORE: Irene Catocci
EDITORE: Words Edizioni
GENERE: Forbidden romance/Friends to love romance
FORMATO: Ebook (2,99 – 0,99 nel giorno d’uscita) - Cartaceo (15,90)
Pagine: 257
RELEASE DATE: 30.09.2020
DISPONIBILE SU AMAZON E IN TUTTE LE LIBRERIE
Io spero ogni giorno di svegliarmi e di non amarti più,
ma ogni volta ti sento sempre più mia, sempre più vicina.
Non guariremo mai, Livia.
TRAMA
I segreti possono distruggere la vita. Lo sanno bene Livia e Anita, madre e figlia. La prima accompagnata da una intima sofferenza che si porta dietro dall’adolescenza, la seconda fragile e insicura, alla disperata ricerca dell’affetto che le è mancato per tutta la vita. Un equilibrio precario il loro, che crolla definitivamente quando, attraverso i diari di Livia, Anita scopre un segreto inconfessabile, tenuto nascosto per anni: non è la figlia legittima di quello che ha sempre creduto suo padre, ma frutto di un amore tossico come il più letale dei veleni. Due donne alle prese con i propri tormenti: Anita e l’amore per il suo migliore amico Nicola; Livia, succube di un sentimento deviato e con un cuore fragile come vetro, frantumato sotto il peso delle bugie. Un libro intenso, tra segreti inconfessabili e le inevitabili conseguenze a cui si va incontro quando la verità, scomoda, dannata e proibita, viene a galla.
L’AUTRICE
Irene Catocci vive in un paesino dal sapore medievale, nel cuore della maremma grossetana, con il marito, le loro due figlie e un cane con l’indole di un gatto. Ama la tranquillità, leggere, dipingere e praticare l’equitazione di campagna. Scrivere è, per lei, un modo per tirare fuori le innumerevoli personalità che le sussurrano all’orecchio: una necessità.
Ha pubblicato Il dono (seconda edizione, 2018), Killer. Amore e Morte (2018), J.Skull (2018), Cuore di Jagoda (2019), Quel mare profondo (2019), Doomed (2020). Schegge di vetro (edizione ampliata e riveduta di Filo Spinato) è il suo primo romanzo edito Words Edizioni.
ESTRATTI
1.Il ragazzo riflette un attimo, poi lo sguardo gli si illumina. «Bacia Enea» dice ridendo.
Spalanco la bocca. «Cosa?» Tra tutte le cose bizzarre che mi erano venute in mente, questa è l’unica a cui non ho pensato.
«Che sarà mai? Chiudi gli occhi e conta fino a tre» dice una ragazza accanto a Mirko, che non ho mai visto prima.
Non sento i suoi amici ridere, non sento niente, sono troppo agitata e sconvolta per prestare ascolto alle battute e agli schiamazzi.
«Questa me la pagherai, amico» dice Enea, dando una spallata a Mirko, che ride tenendosi la pancia con le braccia.
«Dai, sarà come baciare lo specchio» dice Thomas.
«Quando toccherà a te, ti farò baciare il culo del tuo cane» ribatte mio fratello, alzandosi in piedi. Le risate dei suoi amici rimbombano nella stanza. La musica alta non riesce a surclassare il battito del mio cuore furioso.
Enea mi afferra per le braccia, che tengo lunghe sui fianchi, e mi dice: «È una cazzata colossale, Livia. Conta fino a tre e sarà tutto finito.»
Lo guardo con gli occhi sgranati, non muovo neppure un muscolo ma, nell’attimo esatto in cui Enea preme le labbra sulle mie, mi rilasso. E lo sento, sotto l’agitazione e l’imbarazzo del momento, sotto le orecchie che fischiano e il cuore accelerato, sotto il sapore dolciastro della Caipiroska alla fragola, sento il vento della brughiera sferzarmi il viso con delle raffiche poderose, che mi fanno sentire felice e triste nel medesimo istante.
Sto baciando mio fratello, e non provo orrore.
Sto baciando mio fratello, e mi sento scossa in dei posti mai sentiti prima.
Sto baciando mio fratello, e marcirò negli inferi per questo.
2.Lo studio era un posto sicuro. Anita si guardò attorno e lo percepì come roba sua, riconobbe ogni angolo: le pareti con le stampe dei suoi quadri preferiti presero corpo e anima di fronte a lei; Egon Schiele, con la sua visione contorta del corpo femminile, scheletrico e nevrastenico; l’immenso Vincent Van Gogh, con la follia che esplodeva in ogni pennellata inferta con rabbia come una ferita sulla tela vergine, e anche se i loro occhi non avevano la stessa alchimia cromatica, lei lo sentiva affine, i suoi quadri erano la ispirazione, rivincita.
Iniziò a tratteggiare la sagoma di una figura sulla tela intonsa, mise a tacere il cervello ed entrò in un mondo suo, fatto solo di colori e armonia.
Un viso prese forma, un ovale conosciuto e amato: il volto di sua madre.
Livia, la giovane vergine profanata da un amore clandestino e peccaminoso: la vide come doveva essere negli anni della gioventù, come doveva sembrare agli occhi di Enea, così bionda ed eterea. Era veramente una fata sua madre e, lo sarebbe ancora se la vita non l’avesse indurita, solcandole il viso in un’espressione di angoscia e rimpianto.
3. «Dobbiamo dimenticare, come se non fosse mai accaduto.»
Enea mi costringe a guardarlo, stringendomi il viso tra le mani. Mi osserva con lo sguardo perso e offuscato di lacrime, che piano gli rotolano lungo le guance.
«Non succederà mai» singhiozzo disperata.
«Dobbiamo dimenticare, Livia. Se non vuoi farlo per me, almeno fallo per te stessa.»
Fingeremo agli occhi del mondo, fingeremo di non essere niente.
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