venerdì 12 giugno 2020

Recensione: Disobbedienza di Naomi Alderman

Sognatori, la nostra Cecile ci parla oggi del romanzo Disobbedienza di Naomi Alderman edito Nottetempo Edizioni. Vediamo insieme che cosa ne pensa.


Trama

Ronit, figlia di un rabbino, cresce all’ombra dell’universo claustrofobico e insieme rassicurante di una comunità ebraica ortodossa, i cui tempi sono scanditi dalle regole del rapporto con Dio e la Sinagoga. Insofferente a quel mondo ultra-ortodosso, se ne distacca in nome di una trasgressione che le permette di recuperare un’identità e una diversità. Da un sobborgo ebraico londinese allo sconcertante paradiso di libertà e autoaffermazione di Manhattan, da cui torna per la morte del padre, la protagonista compie un viaggio à rebours ricco di scoperte esilaranti ma anche molto dolorose. Figlia lei stessa di un rabbino londinese, Naomi Alderman con questo suo primo romanzo pubblicato per la prima volta in Italia nel 2007 ha conquistato il pubblico, la critica e i prestigiosi premi Orange Award for New Writers 2006 e Sunday Times Young Writer of the Year Award 2007.

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Il parere di Cecile (prodotto acquistato)

Non credo di essere mai stata così male per un libro, tanto da non dormirci stanotte. Per il messaggio che manda, per lo scopo del romanzo, aggiungo per lo scopo dell’autore, che rappresenta tutto ciò che io, personalmente, non perseguirei mai.

Ronit, ebrea, lesbica, emancipata, lascia questo piccolo paesino inglese dove sono tutti ebrei, radicali, conservatori. Dove le donne devono camminare un passo dietro agli uomini, non hanno diritto di parola, nascono, vivono e muoiono dimenticate, senza nessuno che le celebri neanche il giorno del funerale. Vivono esistenze piatte, collezionando figli. Attraverso la lettura dei testi sacri, presenti in ogni capitolo, l’autrice costruisce la storia di questa ragazza che, per essersi ribellata, alla fine viene scacciata dal padre che, dimenticandola, riempie la sua stanza di vecchi scarti, roba da buttare, come se cercasse un modo per riempire il vuoto che ha lasciato. Lei finisce nella sua vita moderna e scintillante ad essere sola come qualsiasi occidentale, esattamente quant’era sola e giudicata nel mondo da cui proviene. Perché in sostanza, non cambia mai nulla, solo l’ambientazione, ma siamo tutti allo stesso modo gretti, chiusi, costretti dal sentito dire e dalla forma.

Quando il padre muore, Ronit torna a casa e ritrova Esti, la ragazza con cui era stata, il suo primo amore. Esti si è sposata con Dovid, il loro migliore amico. Ma Esti non l’ha mai dimenticata e pensa che oggi il loro amore possa tornare. Non vi racconto tutto il libro, perché naturalmente non voglio rovinarvi la lettura, ciò su cui vorrei fermarmi è il messaggio finale. Era un libro stupendo, è scritto davvero divinamente. È interessante, oltre che affascinante, perché ci racconta una religione di cui conosciamo davvero poco attraverso la lettura dei testi e il loro commento, che non è mai pesante nel romanzo. Ma mentre mi aspettavo un libro di denuncia, un messaggio positivo, un forte protendere verso l’emancipazione femminile. Ecco, mentre desideravo ardentemente che questo romanzo rompesse il muro del silenzio, perché purtroppo solo le coppie gay formate da due uomini lentamente vanno conquistando i loro diritti, mentre invece, se ci fate caso, per le donne continua ad essere una strada in salita, fatta di silenzi, di accettazione, di omertà e di rassegnazione. Be’, mentre mi aspettavo che questo fosse il primo, enorme passo avanti di una letteratura che di solito, quando tocca questo tema, è destinata a finire in modo tragico, ho trovato qualcosa di ancora più degradante. E cioè un finale dove tutto torna ad essere esattamente come era all’inizio, dove i personaggi ricominciano le loro vite, assecondando la società, i loro giudizi.

L’unico vero cambiamento è che ammettono pubblicamente la loro omosessualità. Ma non la vivranno mai, anzi, rinunceranno ad essa. Troveranno la loro forma di equilibrio tra ciò che sono e ciò che gli altri vorrebbero che fossero, semplicemente non vivendo la loro condizione, ma manifestandola pubblicamente. E questo non può essere un messaggio giusto da dare. Il cambiamento non è ammettere di essere omosessuali, oppure non so, neri, bianchi, verdi, trans e poi però ritornare a comportarsi da “normali”. Il cambiamento avverrà quando la gente si renderà conto che non c’è nessuna differenza tra noi, tranne che negli intenti. Che possono essere nobili o crudeli. Ecco cosa ci distingue. Il nostro rispetto verso la vita e il prossimo.

L’autrice, a mio avviso, ha voluto smuovere le acque per attirare l’attenzione sul tema, mettendosi dalla parte degli esclusi, delle minoranze, ma da metà libro ha avuto paura dei giudizi probabilmente, ed è crollata in un misero, squallido conformismo che mi ha riempita di una rabbia che non provavo davvero da tanto. Vorrei dare di più, perché come ho detto è scritto divinamente. Ma non posso farlo, perché va contro quello che sento. Non vi dico di non leggerlo, perché tutto va scoperto, perché ogni punto di vista va considerato, solo di farlo con la consapevolezza che questo non è un libro che sostiene l’emancipazione della donna, perché se è questo quello che cercate, non è il romanzo che troverete.

Ps. Vorrei lasciarvi dalle citazioni del romanzo ma… non ci riesco. Mi spiace.

Valutazione: 2 stelle.

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