Autore: Cristiano Pedrini
Genere: Narrativa
Formato cartaceo 13x20
Formato ebook: epub/mobi e pdf
Pagine 340
Editore: selfpublishing
Link per l'acquisto: https://amzn.to/2lyo1mO
Sinossi
Christopher Lowen è stato accettato per uno stage negli uffici della Casa Bianca. Mai avrebbe immaginato che, per un suo progetto, potesse ottenere il permesso di entrare nel famoso Studio Ovale. È talmente meravigliato ed euforico che neanche si rende conto della presenza del Presidente degli Stati Uniti d’America, Lawrence Layton.
Il Presidente è subito colpito dall’intelligenza e dalla spontaneità di Christopher, tanto da ascoltarne i
consigli. Da quel momento il ragazzo inizia ad attirare sempre di più le attenzioni di Lawrence e allo stesso tempo il risentimento del suo staff. Come è riuscito infatti, da appena arrivato, a manipolare il Presidente tanto da renderlo giorno dopo giorno più debole agli occhi del popolo americano? Amareggiato e spaventato, Christopher vorrebbe andarsene. Ma riuscirà ad abbandonare Lawrence, proprio quando ha iniziato a capire di ricambiare i suoi sentimenti?
Christopher dovrà imparare ad affrontare le proprie paure, anche se questo dovesse significare di scontrarsi con il mondo intero. Ma se l’amore è in grado di piegare l’uomo più forte del mondo, ben presto Christopher e Lawrence comprenderanno come questa debolezza possa diventare l’arma più potente e miracolosa che possono mostrare al mondo.
Estratto ...
Capitolo Secondo
La seconda occasione di Lincoln
Christopher aveva perso la cognizione del tempo. Poteva essere seduto su quella sedia da cinque minuti, oppure da cinquanta, ecco uno dei suoi peggiori difetti che si presentava ogni volta che si sentiva a disagio, la perdita della cognizione del tempo! Ed essere in attesa senza sapere il perché non era certo un buon inizio. Continuava a guardarsi attorno osservando la frenesia che lo circondava... funzionari che lavoravano ai loro laptop, che rispondevano a telefoni che squillavano incessantemente e correvano da tutte le parti e lui, in mezzo a tutta quell’agitazione sembrava un’isola felice, almeno in apparenza.
«Mi sembra di essere tornato ai tempi della scuola, quando aspettavo il preside fuori dal suo ufficio, quel vecchio satrapo» sorrise Christopher fissando le proprie mani che continuava a fregarsi. Anche quello era un tic che doveva gestire nei momenti di eccessiva ansia.
«E quante volte lo aspettavi?» si sentì chiedere.
“Oh merda... ora che faccio?” pensò il giovane deglutendo forzatamente prima di decidersi ad alzare lo sguardo verso l’alto. «Salve...» salutò con un cenno della mano Paul che lo osservava.
«Non hai risposto ragazzo, quante volte aspettavi il tuo preside?» chiese entrando nel suo ufficio.
Christopher si rialzò di scatto seguendolo. «Solo qualche volta... glielo assicuro» disse mettendosi sull’attenti suscitando lo sguardo divertito dell’uomo.
«Guarda che non sono un generale, rilassati.»
«No, signore. E’ solo il Direttore delle Comunicazioni della Casa Bianca» annuì Christopher.
Paul, prendendo un fascicolo dalla scrivania, lo aprì rileggendo il nome. «Esatto e tu sei Christopher Lowen» osservò guardandolo, cercando di capire cosa avesse di speciale quel ragazzo da aver smosso l’interesse di Bethany.
«Signore... – si schiarì la voce Christopher – oggi avrei dovuto prendere servizio all’ufficio stampa come collaboratore ma mi hanno detto di presentarmi qui.»
Paul si appoggiò alla scrivania allargando le braccia. «Sei stato riassegnato. Lavorerai in un nuovo ufficio. Ed ora devo accompagnarti dal tuo superiore» concluse incamminandosi verso l’uscita, invitandolo con un eloquente gesto a seguirlo.
Christopher iniziava a sentirsi un pacco postale che veniva spedito da un posto all’altro tuttavia non poté fare altro che rincorrerlo. Aveva accettato quella proposta nonostante le resistenze di suo padre che aveva bollato la sua scelta come un gioco.
“Andare fino a Washington per fare da schiavetto a quegli idioti del governo...” Christopher si ricordava perfettamente quelle parole nonostante le avesse sepolte sotto quella coltre di entusiasmo dal quale si lasciava trascinare per ogni novità; per uno nato e vissuto nel Montana non erano molte le occasioni per varcare i suoi confini, lui era il primo della famiglia a vedere la capitale, ed il primo ad essere andato all’Università, ed ora a quella breve lista poteva scrivere di essere stato il primo Lowen ad essere entrato alla Casa Bianca. Si sentì di nuovo al settimo cielo ma quando, oltrepassando alcune scrivanie, notò il cartellino affisso alla porta che Paul aveva appena oltrepassato, si fermò rileggendo
più di una volta quel nome.
«Bethany MacKay... non sarà certo...». Tutta la sua baldanza scomparve come neve al primo sole. Si affacciò allo stipite della porta osservando all’interno. «Allora, com’è andato il pranzo ieri?» domandò Paul prendendo un cioccolatino dal capace vaso in bella vista.
Bethany, intenta a firmare alcuni documenti che il suo assistente le porgeva a raffica non sollevò neppure lo sguardo dalle carte. «Una meraviglia. Il Presidente non ha fatto altro che inveire contro il rappresentante della minoranza al Congresso e tra una pausa e l’altra si divertiva a raccontare i suoi aneddoti sulla storia americana. Un vero spasso!»
«Non doveva essere un pranzo di riconciliazione?»
«Lo credevo anche io... comunque che vuoi? Sono già in ritardo di un’ora sul programma della giornata» rispose la donna porgendo l’ultimo documento all’assistente.
Capitolo Secondo
La seconda occasione di Lincoln
Christopher aveva perso la cognizione del tempo. Poteva essere seduto su quella sedia da cinque minuti, oppure da cinquanta, ecco uno dei suoi peggiori difetti che si presentava ogni volta che si sentiva a disagio, la perdita della cognizione del tempo! Ed essere in attesa senza sapere il perché non era certo un buon inizio. Continuava a guardarsi attorno osservando la frenesia che lo circondava... funzionari che lavoravano ai loro laptop, che rispondevano a telefoni che squillavano incessantemente e correvano da tutte le parti e lui, in mezzo a tutta quell’agitazione sembrava un’isola felice, almeno in apparenza.
«Mi sembra di essere tornato ai tempi della scuola, quando aspettavo il preside fuori dal suo ufficio, quel vecchio satrapo» sorrise Christopher fissando le proprie mani che continuava a fregarsi. Anche quello era un tic che doveva gestire nei momenti di eccessiva ansia.
«E quante volte lo aspettavi?» si sentì chiedere.
“Oh merda... ora che faccio?” pensò il giovane deglutendo forzatamente prima di decidersi ad alzare lo sguardo verso l’alto. «Salve...» salutò con un cenno della mano Paul che lo osservava.
«Non hai risposto ragazzo, quante volte aspettavi il tuo preside?» chiese entrando nel suo ufficio.
Christopher si rialzò di scatto seguendolo. «Solo qualche volta... glielo assicuro» disse mettendosi sull’attenti suscitando lo sguardo divertito dell’uomo.
«Guarda che non sono un generale, rilassati.»
«No, signore. E’ solo il Direttore delle Comunicazioni della Casa Bianca» annuì Christopher.
Paul, prendendo un fascicolo dalla scrivania, lo aprì rileggendo il nome. «Esatto e tu sei Christopher Lowen» osservò guardandolo, cercando di capire cosa avesse di speciale quel ragazzo da aver smosso l’interesse di Bethany.
«Signore... – si schiarì la voce Christopher – oggi avrei dovuto prendere servizio all’ufficio stampa come collaboratore ma mi hanno detto di presentarmi qui.»
Paul si appoggiò alla scrivania allargando le braccia. «Sei stato riassegnato. Lavorerai in un nuovo ufficio. Ed ora devo accompagnarti dal tuo superiore» concluse incamminandosi verso l’uscita, invitandolo con un eloquente gesto a seguirlo.
Christopher iniziava a sentirsi un pacco postale che veniva spedito da un posto all’altro tuttavia non poté fare altro che rincorrerlo. Aveva accettato quella proposta nonostante le resistenze di suo padre che aveva bollato la sua scelta come un gioco.
“Andare fino a Washington per fare da schiavetto a quegli idioti del governo...” Christopher si ricordava perfettamente quelle parole nonostante le avesse sepolte sotto quella coltre di entusiasmo dal quale si lasciava trascinare per ogni novità; per uno nato e vissuto nel Montana non erano molte le occasioni per varcare i suoi confini, lui era il primo della famiglia a vedere la capitale, ed il primo ad essere andato all’Università, ed ora a quella breve lista poteva scrivere di essere stato il primo Lowen ad essere entrato alla Casa Bianca. Si sentì di nuovo al settimo cielo ma quando, oltrepassando alcune scrivanie, notò il cartellino affisso alla porta che Paul aveva appena oltrepassato, si fermò rileggendo
più di una volta quel nome.
«Bethany MacKay... non sarà certo...». Tutta la sua baldanza scomparve come neve al primo sole. Si affacciò allo stipite della porta osservando all’interno. «Allora, com’è andato il pranzo ieri?» domandò Paul prendendo un cioccolatino dal capace vaso in bella vista.
Bethany, intenta a firmare alcuni documenti che il suo assistente le porgeva a raffica non sollevò neppure lo sguardo dalle carte. «Una meraviglia. Il Presidente non ha fatto altro che inveire contro il rappresentante della minoranza al Congresso e tra una pausa e l’altra si divertiva a raccontare i suoi aneddoti sulla storia americana. Un vero spasso!»
«Non doveva essere un pranzo di riconciliazione?»
«Lo credevo anche io... comunque che vuoi? Sono già in ritardo di un’ora sul programma della giornata» rispose la donna porgendo l’ultimo documento all’assistente.
«Quel tipo, Lowen, è qui, mi avevi detto che volevi parlargli»
L’espressione torva di Bethany si addolcì quel tanto da invitare Paul a presentare il ragazzo che era rimasto sulla soglia.
«Avanti, entra!» lo esortò «Beh, il mio dovere l’ho fatto. Ora vado ad occuparmi di cose serie» concluse l’uomo uscendo dalla stanza.
Bethany posò le braccia sul piano della scrivania osservando il ragazzo che aveva appena oltrepassato la soglia rimanendo rinchiuso in un imbarazzato silenzio.
«Lo so, Paul sa essere insopportabile ed anche scorbutico ma sa il fatto suo. Ti chiedo scusa per quella battuta» sorrise la donna esortandolo ad avvicinarsi.
«Lei è... » tentennò Christopher indicando la porta.
«Esatto hai letto bene. Bethany MacKay, Capo dello Staff della Casa Bianca e il tuo nome è Christopher Lowen» proseguì rialzandosi.
«Sì, signora. Ora posso sapere perché mi trovo nel suo ufficio? Non credevo che prendere servizio come assistente all’ufficio stampa richiedesse un colloquio addirittura con lei.»
Bethany scosse il capo rialzandosi. «Infatti, normalmente non rientra nelle mie mansioni ma mi hanno passato per puro caso il tuo curriculum e ho deciso di assegnarti un altro compito.»
L’espressione torva di Bethany si addolcì quel tanto da invitare Paul a presentare il ragazzo che era rimasto sulla soglia.
«Avanti, entra!» lo esortò «Beh, il mio dovere l’ho fatto. Ora vado ad occuparmi di cose serie» concluse l’uomo uscendo dalla stanza.
Bethany posò le braccia sul piano della scrivania osservando il ragazzo che aveva appena oltrepassato la soglia rimanendo rinchiuso in un imbarazzato silenzio.
«Lo so, Paul sa essere insopportabile ed anche scorbutico ma sa il fatto suo. Ti chiedo scusa per quella battuta» sorrise la donna esortandolo ad avvicinarsi.
«Lei è... » tentennò Christopher indicando la porta.
«Esatto hai letto bene. Bethany MacKay, Capo dello Staff della Casa Bianca e il tuo nome è Christopher Lowen» proseguì rialzandosi.
«Sì, signora. Ora posso sapere perché mi trovo nel suo ufficio? Non credevo che prendere servizio come assistente all’ufficio stampa richiedesse un colloquio addirittura con lei.»
Bethany scosse il capo rialzandosi. «Infatti, normalmente non rientra nelle mie mansioni ma mi hanno passato per puro caso il tuo curriculum e ho deciso di assegnarti un altro compito.»
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