domenica 14 febbraio 2021

Recensione in anteprima: Il respiro del fiume di Carlo Vicenzi

Sognatori, la nostra Mya ci parla oggi del romanzo di Carlo Vicenzi, Il respiro del fiume edito Dark Zone e in uscita oggi. Curiosi di leggere la sua opinione?



 

TRAMA

 

Poco più di venti anni e un passato doloroso da lasciarsi alle spalle. Zoe ha bisogno di cambiare vita e ricominciare da sé e il piccolo agriturismo di un’eccentrica zia sembra perfetto. Complice una passeggiata lungo il fiume e una melodia nel vento, per Zoe inizia un’estate che non dimenticherà mai. Un nuovo lavoro come chef e amicizie sincere forse l’aiuteranno a recuperare fiducia nella vita e nelle opportunità che essa sa dare. E a credere che non esistono sogni irrealizzabili.

 

Il parere di Mya (prodotto fornito dalla Casa Editrice senza scopo di lucro) 

 

Quando mi hanno proposto la lettura dell’ultimo romanzo di Carlo Vicenzi, ho fatto qualche ricerca sul suo conto. Ho trovato diverse pubblicazioni, ma di generi apparentemente molto lontani dal romance e che di solito non incontrano i miei gusti. Quello che mi ha spinto a dargli comunque una possibilità è stata la garanzia rappresentata della casa editrice che ha pubblicato Il respiro del fiume, la Dark Zone.

E non me ne sono affatto pentita.

Anzi, ho finito per scoprire un autore talentuoso, molto abile con le parole e con le metafore. Mi sono imbattuta in una narrazione più leggera e fluida di quanto mi aspettassi, uno stile semplice che mi ha portato nelle campagne emiliane senza alcuno sforzo.

Merito anche di Zoe, giovane donna con una smisurata passione per la cucina, che fugge da Parma e dal passato per tornare nelle terre della sua infanzia alla ricerca di un nuovo inizio.

L’insicurezza di Zoe è palpabile in ogni riga del testo, ma l’autore tiene ben nascosti i motivi alla base di questa sua condizione, creando quel sottile filo di curiosità che spinge a sfogliare una pagina dietro l’altra. Una curiosità che viene alimentata anche dall’incontro di Zoe con Enea, un ragazzo se possibile ancora più sperduto e chiuso di lei.

 

In un palcoscenico fatto di fango e sabbia bagnata, circondato da una scenografia di foglie giovani, c’era un ragazzo dai capelli corvini, trattenuti da quello che aveva tutta l’aria di essere un cerchietto. Stava seduto su un ceppo e le sue braccia avvolgevano un violoncello, la mano destra che faceva scorrere l’archetto in movimenti sicuri e precisi, rapidi o lenti, tracciando la melodia.

 

I due si incontrano per caso e la sintonia tra loro è subito evidente. A unirli, oltre alla comune passione per il fantasy, la dote innata di Enea per la musica. Una dote che tiene segreta, una passione che non ha mai potuto coltivare liberamente a causa di un padre scorbutico e materialista.

 

«Perché non volevi» iniziai anche se mi mancava il fiato, «che nessuno ti sentisse suonare?» chiesi, anche se dentro di me conoscevo già la risposta.

«Per… perché è troppo doloroso» balbettò lui, che pareva rimasto senza fiato almeno quanto me. «E poi, non so. Mio padre mi ha cresciuto con l’idea che fosse solo una perdita di tempo. Ogni volta che sentiva musica in casa mi prendeva per un orecchio e mi trovava qualche lavoretto da fare.»

«È incredibile. Un talento come il tuo? Pensa a cosa avresti potuto fare… per esempio se fossi andato al conservatorio.»

La sua risata amara si interruppe quando lui si asciugò le guance col dorso della mano e tirò su appena col naso. «È la prima volta che suono davanti a qualcuno. Dopo la scomparsa di mio nonno, intendo.»

 

Zoe ed Enea sono due persone molto sole, a cui la vita non ha reso le cose facili. E, forse proprio per questo, riescono a vedere nell’altro il potenziale che non riconoscono in se stessi. Ed è sempre il loro vissuto, un passato fatto di sofferenze e soprusi, a spingerli a trovare insieme la forza di cambiare e la determinazione necessaria a lottare per i propri sogni.

 

Prese posto e iniziò a suonare. Il mio cuore batteva così forte che avevo paura potesse spaccarmi lo sterno: ero in preda alla classica preoccupazione che non si può provare per se stessi, ma solo per le persone a cui si tiene davvero.

Le prime note vennero inghiottite dalle cento voci rauche che occupavano la sala, ma poi la musica si fece strada attra­verso di esse come l’acqua fra le crepe di una diga. Un po’ alla volta gli sguardi si voltarono verso la fonte di quel suono denso e dolce come il miele e le conversazioni si spensero, lasciando spazio solo alla melodia.

 

Come dicevo, la scrittura è fluida e molto corretta, leggere queste pagine è stato un vero piacere.  Ed è stata una bella sorpresa trovare nel testo parti in dialetto emiliano, un gergo e un accento che mi ricordano l’infanzia e che ancora oggi mi fanno sorridere e sentire un po’ più vicina a casa.

Non assegno un punteggio pieno soltanto perché ho trovato la parte romance un po’ troppo stringata. I passaggi che mi hanno fatto ballare lo stomaco ci sono, ma ne avrei voluti molti di più. Credo che l’autore, forse per una questione autobiografica, abbia voluto focalizzare l’attenzione del lettore sulla parte di formazione dei due protagonisti. Invece di mostrarci quanto fosse intenso l’amore sbocciato tra loro, ha preferito mostrarci il loro percorso individuale, spiegarci come sono riusciti a superare gli ostacoli e a riprendere in mano la propria vita.

A mio avviso resta comunque una piacevolissima lettura e quindi non posso che consigliarne la lettura.

 

Voto: 4 stelle.

Nessun commento:

Posta un commento