martedì 11 agosto 2020

Recensione: Legami nocivi: I danni della gelosia di Angelina Todarello

Sognatori, la nostra Mya ci parla oggi di un romanzo self molto breve, Legami nocivi: I danni della gelosia di Angelina Todarello, che purtroppo non l'ha convinta. Scopriamo insieme tutti i dettagli e la sua opinione.



Trama

«Nessuno ricorda il male che ti ha fatto»

Gli incontri non sono coincidenze, e ogni scelta dipende da traumi ed esperienze vissute. Perché dopo aver preso una decisione sbagliata non torniamo sui nostri passi? Forse per orgoglio, o perché siamo sia vittime che carnefici.
Una serie di eventi drammatici conduce Angelo a trasformare in maliziosa gelosia l’unico raggio di sole della sua giovane vita. Cerca di recuperare quanto gli resta e prova a fuggire, ma a quale prezzo troverà pace?

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Il parere di Mya (prodotto fornito dall'autore senza scopo di lucro)

Oggi vi parlo di un romanzo che purtroppo non sono riuscita ad apprezzare. Il messaggio che l’autrice voleva veicolare è interessante, ed è stato il motivo per cui l’ho scelto, eppure Angelina Todarello non ha saputo sfruttare, a mio avviso, le potenzialità di un tema importante come la gelosia.

Lo scritto è in terza persona e il narratore stesso, fin troppe volte, finisce per diventare personaggio integrante del romanzo, perché l’autrice affida a lui, anziché ai personaggi, il compito di mostrare il proprio pensiero. Questo purtroppo porta a due problemi: il primo è che i personaggi risultano piatti, perché l’autrice non ci mostra le loro emozioni, non ci racconta i loro pensieri o come intendono reagire agli ostacoli; il secondo è che queste “perle di saggezza” affidate al narratore onnisciente sembrano buttate lì un po’ a caso finendo per aleggiare sulla storia invece che essere parte integrante di essa.

 

La chiesa era anche colma di persone che l’avevano sentita cantare. Probabilmente non si era mai resa conto di quanto fosse apprezzata. Quando sei colma di tormenti non vedi la realtà per quella che è; la mente si rabbuia e più le persone si avvicinano, più ogni cosa diventa oscura. Non puoi evitarlo e gli altri nemmeno. Oppure semplicemente quando muori tutti si ricordano della tua esistenza, tutti lì a guardare la salma e sentenziare le tue scelte, criticando le tue emozioni, il tuo vissuto e farsi giudici degli avvenimenti che il destino ti ha riservato. Quando muori nessuno ricorda il male che ti ha fatto o il bene che avrebbe potuto farti, non gli estranei almeno.

 

Come dicevo, i personaggi sono bidimensionali. Si muovono nel loro mondo, agiscono tra di loro per veicolare il messaggio dell’autrice, ma non ci regalano nulla. Non sentiamo i sentimenti, la passione, le loro idee, il loro vissuto. Le scene si susseguono fin troppo veloci, tanto che in cinque paginette i protagonisti passano dall’essere solo amici e colleghi, a riscoprire un sentimento d’amore così travolgente da decidere di sposarsi. In queste stesse cinque paginette c’è un trafiletto in cui Denise blocca l’assalto di Angelo alle sue mutandine, in quanto ancora vergine, e dieci righe più avanti cambia idea e gli chiede di farla sua. La scena di passione tra loro è quasi inesistente, eppure l’autrice sceglie di mostrarci in maniera quasi più dettagliata quella della madre di Angelo, personaggio secondario, che si intrattiene (in un parco pubblico) con un uomo che non apprezza né dal punto di vista fisico né emotivo, e con il quale non interagisce per più di un paio di pagine.

 

Iniziò a baciarla in mezzo alle gambe tenendo la gonna sollevata con le mani. Lei si stringeva alla corteccia, aggrappandosi, e si mordeva le labbra. Ansimò di piacere mentre lui giocava con la lingua. Lei si bagnò ed egli si rialzò per accarezzarle i seni, e solo allora le baciò le labbra. Tornò poi a immergere il viso nel suo petto, lei gli cercò il membro con le dita e si scambiarono il piacere. L’indomani la donna annunciò a Jacopo e Robin l’orario di partenza.


La scelta di strutturare il romanzo come un flusso continuo di informazioni, più o meno vitali per lo svolgimento della trama, non rende piacevole la lettura. La scelta di avere questo narratore onnisciente che mischia di continuo presente e passato, che richiama e miscela i ricordi dei diversi personaggi purtroppo genera confusione. Se l’autrice avesse usato di più i dialoghi diretti e avesse lasciato ai protagonisti la possibilità di parlare e ricordare in prima persona cosa è accaduto e come si sono sentiti, forse avrebbe ottenuto un effetto diverso, per certi versi migliore. Dialoghi che comunque andrebbero rivisti e ritarati sul linguaggio moderno, visto che i personaggi sono ventenni e che nessuno di quell’età oggi userebbe termini tanto desueti.

 

«Allora, mi dici che festeggiamo?»

«Forse dovresti dirmelo tu, visto che mi hai portato la rosa.»

«Avevo piacere a farti un presente.»

 

Lo scritto è comunque abbastanza corretto e mi complimento con l’autrice per questo. Il testo è poco più che un racconto breve e forse è anche la brevità del testo a non avermi dato modo di entrare in sintonia con i protagonisti. A tal proposito, visto che l’autrice ha buone capacità linguistiche, magari potrebbe pensare di ampliare la storia, di dare ai personaggi il giusto respiro e la porzione di palcoscenico che meritano, scegliendo meglio le scene su cui mettere l’accento e vivacizzando il tutto con dialoghi più frizzanti e realistici.

 

Votazione: 2 stelle


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