Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo di un romance molto
particolare, che, però, ahimè non mi ha convinta fino in fondo. Si tratta di
“Se ci sei non ho paura” scritto da Miriana Vitulli ed edito da Dark Zone.
Mi dispiace perché Miriana è una persona squisita e credo
abbia ottime capacità, ma penso che non abbiano trovato modo di esprimersi fino
in fondo. Andiamo per gradi e vediamo la sinossi:
Per
Judy, capelli rossi, occhi spenti e un dramma da cui fuggire, la vita non è più
la stessa e scappare nel freddo dell’Alaska sembra
l’unico modo per ritrovare la pace.
Il passato la tormenta, i continui flashback le ricordano che il dolore è duro a morire e che da sola non arriverebbe lontano.
Blake ha una chitarra, un plettro e uno spartito su cui lavora ogni giorno. Suona per scappare dal mondo, per scordarsi delle cicatrici, per raggiungere luoghi sicuri.
La musica è il nodo che lega e unisce indissolubilmente i due ragazzi; l’attrazione cresce giorno dopo giorno, ma l’ombra del passato sembra non lasciare tregua.
Così Judy si trova a metà tra ciò che crede giusto e ciò che vorrebbe, in bilico tra il dolore e la voglia di rinascere.
È giusto restare intrappolati nei ricordi e continuare a soffrire o è possibile tornare ad amare senza riserva, senza paura?
Il passato la tormenta, i continui flashback le ricordano che il dolore è duro a morire e che da sola non arriverebbe lontano.
Blake ha una chitarra, un plettro e uno spartito su cui lavora ogni giorno. Suona per scappare dal mondo, per scordarsi delle cicatrici, per raggiungere luoghi sicuri.
La musica è il nodo che lega e unisce indissolubilmente i due ragazzi; l’attrazione cresce giorno dopo giorno, ma l’ombra del passato sembra non lasciare tregua.
Così Judy si trova a metà tra ciò che crede giusto e ciò che vorrebbe, in bilico tra il dolore e la voglia di rinascere.
È giusto restare intrappolati nei ricordi e continuare a soffrire o è possibile tornare ad amare senza riserva, senza paura?
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Il parere di Martina (prodotto fornito dall'autrice)
Il romanzo è molto improntato sull’interiorità della
protagonista: Judy sta affrontando un dolore più grande di lei, derivato da una
perdita che le ha strappato quanto di più caro avesse nella vita. È per questo
che, spinta dai suoi genitori, si trasferisce dai nonni in Alaska, dove
comincia una nuova vita. Conoscerà nuove persone, ciascuna con la sua storia,
ma soprattutto conoscerà Blake, anche lui impegnato a fare i conti con i demoni
del passato. Tra i due c’è qualcosa, che sembra sbocciare quando Judy viene rigettata
tra le braccia della musica, che un tempo tanto amava ma che aveva abbandonato
in seguito all’evento che le ha segnato l’esistenza. È una ragazza in lotta con
se stessa e con la vita, che nasce fragile e si evolve divenendo forte in un
modo che all’inizio non immaginiamo possibile.
Eppure, come dicevo, questo romanzo non mi ha convinta
del tutto sotto diversi aspetti. Non aspettatevi la solita storia d’amore, è
molto più improntato sull’interiorità della protagonista, sui suoi stati
d’animo descritti minuziosamente, forse troppo, sui suoi pensieri e i suoi
risvolti psicologici. Mi dispiace ma questo a volte ha fatto mancare un po’ di
vitalità, non c’è quel qualcosa che tiene ancorati alle pagine e non ti fa
vedere l’ora di sapere come va a finire. Credo che la narrazione sia
appesantita dall’uso di una terza persona non troppo frizzante e talvolta un
po’ confusa. Si passa spesso dal punto di vista dell’uno a quello dell’altro
personaggio e talvolta ho dovuto rileggere per avere ben chiaro il filo della narrazione.
Lo so per esperienza, la terza persona è molto difficile da usare senza
appesantire il tutto, se poi ci mettiamo un pizzico di prolissità che io stessa
conosco bene e di cui è difficile rendersi conto, ne risulta un romanzo che
potrebbe essere migliore di quello che è. Non me ne voglia l’autrice, ma credo
che i punti di vista alternati sarebbero stati più funzionali anche per dare
maggior spazio al protagonista maschile, che ho trovato messo in secondo piano
da altre figure e altri avvenimenti. Ho compreso che Miriana ha voluto
affiancare alla storia principale anche quella degli amici, quella di Andrea e
di Daniel, per esempio, che sono degli ottimi spunti. Tuttavia, gli ingredienti
non sono stati ben amalgamati, a mio gusto. Sarà che sono abituata a leggere
romanzi dal ritmo frenetico e incalzante, mentre questo è completamente
diverso. È delicato, è un viaggio interiore in una dimensione quasi sospesa,
che non tutti possono apprezzare come forse si dovrebbe. Ho apprezzato invece
il rapporto di Judy con il nonno, ci sono delle scene molto tenere che rendono
bene l’idea del legame tra i due personaggi.
Altra nota dolente: non ho apprezzato particolarmente il
finale. Non posso svelarvi molto perché vi rovinerei la lettura, ma avrei fatto
finire la storia in modo diverso, dopo l’attenzione al viaggio interiore e
all’evoluzione psicologica dei protagonisti. La mia impressione è che sia stato
sminuito il povero Blake, che fa un po’ la figura del bambinone.
Ad ogni modo, la trama è toccante, alcune scene fanno
davvero sentire il dolore della protagonista, che è il vero personaggio
principale del racconto, forse. Se ci sei non ho paura è la storia di un dolore
fortissimo e incessante, che non abbandona mai chi lo prova, che indurisce un
cuore che piano piano impara che non ha altra via se non imparare a convivere
con questo scomodo coinquilino.
Penso che, se gestito meglio, se si fosse potenziata la
storia di Blake e del padre inserendo magari un po’ di suspense nel romanzo, il
ritmo sarebbe stato più incalzante e la lettura più fluida. Spero che queste
osservazioni possano essere per l’autrice un valido spunto per comprendere
quelli che, agli occhi dei lettori, possono risultare dei punti deboli. Per il
resto è chiaro che ci troviamo di fronte a una persona che scrive bene, perché
il linguaggio è semplice ma corretto, linguisticamente e stilisticamente
parlando è perfetto. Gli manca quel pizzico che avrebbe potuto convincermi del
tutto e spero di trovarlo in uno dei tuoi prossimi romanzi, cara Miriana!
Voto: 3 stelle
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