sabato 22 luglio 2017

Un racconto per l'estate: occhi di mare

Buon sabato pomeriggio a tutti voi.

Per allietare questa giornata afosa vi propongo un altro mio racconto. Oddio, vi avverto, è un pochino triste, ma credo che potrete perdonarmi sapendo che la protagonista, prima o poi, tornerà alla riscossa con un altro romanzo (che ho già in mente, anche se non ho assolutamente idea di quando uscirà)

Buona lettura!










Ci sono lacrime che fanno parte della nostra vita, lacrime che restano con noi per ricordarci chi siamo, lacrime che, nonostante tutto, ci rammentano quello che potevamo essere e non siamo mai stati.

Questa è la mia storia, la storia di una ragazza che ha chiuso le sue lacrime in un alambicco e che le custodisce come gemme preziose perché, benché siano lacrime, esse nascondono al loro interno lo scintillio del più dolce dei sentimenti, quello del primo e definitivo amore.

«Cosa ci fai tutta sola sulla terrazza?»

Le parole di mia cugina Carla mi fanno sobbalzare: non mi sono accorta del suo arrivo, immersa completamente nei miei pensieri. La festa, nel salone, imperversa e sembra destinata a protrarsi a lungo. Una schiera di parenti, amici e conoscenti si intrattiene a chiacchierare, a ballare, a ridere delle banalità: questo è il bello dei matrimoni, tutti sembrano felici o si sentono in dovere di mostrarsi felici. Le lacrime, se ci sono, devono essere versate per la gioia.

«Aurora, ti verrà un malanno se non entri, e poi che senso ha stare qui quando dentro ci sono un sacco di bei ragazzi?» cerca di invogliarmi Carla.

«Avevo solo bisogno di cinque minuti di silenzio. Sai com'è… l'orchestra si è data da fare e ho le orecchie che chiedono pietà» dissimulo abbozzando un sorriso. So per certo che lei non conosce le regioni profonde del mio cuore, altrimenti non crederebbe a una sola delle mie parole.

«Beh, il silenzio l'hai avuto, adesso entra che tra un po' la sposa lancia il bouquet! Magari siamo fortunate» dichiara solennemente.

Fortunate? Dipende dal punto di vista. Ragionare con lei, però, è inutile, pertanto decido di assecondarla almeno in parte.

«Vengo tra cinque minuti, prometto» le dico, e lei sembra soddisfatta della mia promessa, o forse è solo distratta dalla comitiva di ragazzi che è seduta al tavolo accanto al nostro.

«Ok, ti do cinque minuti esatti, poi ti tiro per i capelli» mi minaccia puntandomi contro un dito e sparendo dalla mia vista.

Finalmente sola!

Osservo la luna, che stasera ha deciso di essere dolorosamente bella e luminosa. La stessa luna di dieci anni fa, quando, a sedici anni, mi sono innamorata per la prima volta. Non un amore da ragazzini, ma un sentimento che mi ha squarciato letteralmente il petto e mi ha fatto finalmente confrontare con una cosa più grande di me.

Il cuore comincia a battere ancora e non posso impedire alla mia mente di ripercorrere quell'estate in cui le possibilità della mia vita erano praticamente infinite.

Ho amato Sergio, l'ho amato davvero. Ho amato la sua simpatia, il suo amore per la musica. Ho amato i suoi discorsi strampalati, i suoi tentativi maldestri di comporre poesie. Ho amato la sua risata contagiosa, la sua gentilezza verso di me, ragazzina semplice e poco sofisticata. Soprattutto, però, ho amato i suoi occhi di mare. Occhi cristallini che hanno guardato nella mia anima e mi hanno fatto palpitare il cuore così forte da credermi morta a più riprese.

L'ho amato in silenzio, perché non avrei mai avuto il coraggio di farmi avanti, perché non avrei mai confessato a mia cugina che mi piaceva un ragazzo della nostra comitiva, perché mi vergognavo di me stessa, Dio solo sa il perché.

Mi mordo il labbro fin quasi a farlo sanguinare, ricordando la notte di San Lorenzo di dieci anni fa.









Ero seduta sulla battigia insieme a Sergio. Io con una bottiglia di succo in mano, lui con una birra. Le onde si allungavano pigramente sulla linea di sabbia scura, la luna rischiarava debolmente il paesaggio. In lontananza potevo sentire il crepitare del fuoco e le canzoni stonate dei nostri amici.

«Quante stelle cadenti hai visto, stasera?» mi aveva chiesto lui.

«Nemmeno una, purtroppo» avevo riposto con un sospiro.

Gli occhi celesti di Sergio erano puntati nei miei. «Se la vedessi, sapresti quale desiderio esprimere?».

Ricordo che ci avevo messo un po' per rispondere, alla ricerca delle parole giuste. Non avrei mai potuto confessargli quello che provavo, non allora, non in quel posto, non con i nostri amici a due metri di distanza.

«Diciamo che non ho particolari desideri, credo che la mia vita vada bene così» avevo risposto, ed era vero: in quel momento non potevo proprio lamentarmi, considerando chi c'era accanto a me.

«Se vedessi una stella cadente, le chiederei di portarmi via da questo paese dimenticato da Dio» mi aveva confessato.

Era nato lì, in prossimità del mare, e del mare aveva i colori. Era stato questo a farmi innamorare di lui. Sergio senza il mare mi sembrava una contraddizione.

Credo di averlo spintonato con una certa forza, perché dopo due secondi lo avevo visto spalmarsi sulla sabbia.

«Non dire sciocchezze!» avevo protestato. «Probabilmente, se vedessi io una stella cadente, le chiederei di farmi vivere qui per sempre»

Era quanto di più vicino ci fosse a una mia dichiarazione: lui non poteva certo conoscere il motivo del mio attaccamento al paesino arroccato tra mare e monti.

«Dici così perché ci vieni solo due mesi all'anno, ma ti assicuro che d'inverno è una noia mortale»

«Non ci credo! Hai tanti amici che abitano qui, o sbaglio?»

Annuendo me lo stava confermando, ma il suo volto era poco convinto. «Beh, si. Ho qualche amico. Ma hanno tutti una mentalità così ristretta! Ho tanti sogni, Aurora, e qua mi sento soffocare»

«Niente ti vieta di uscire fuori dal tuo paese e sperimentare. Tu dici di sentirti soffocare, ma in città sei come un puntino in mezzo all'infinito. La cosa può essere deprimente, credimi»

«Sempre meglio che essere continuamente al centro dell'attenzione! Non sono libero nemmeno di cambiare taglio di capelli. Se ne accorgono tutti». La sua risposta era, in effetti, molto sensata, ma poteva avere anche un'altra interpretazione.

«Perché ti vogliono bene» avevo spiegato.

«Perché si impicciano dei fatti miei!» aveva ribattuto lui.

«Interessante punto di vista»

«Tu sei interessante» se ne era uscito Sergio, totalmente a sorpresa.

Ricordo di essermi sentita sospesa tra cielo e terra per l'emozione. Interessante, io? Come potevo apparirgli interessante?

«Oh, sono un tipo molto comune» mi ero limitata a dire.

«No, credimi. Qui le ragazze pensano al trucco, alla moda, a sciocchezze di ogni tipo. E io sono un ragazzo, non credere che non ami guardare un esemplare femminile degno di nota. Spesso, però, mi sembra di parlare con le galline. Sono tutte impettite, pronte a mostrare il loro lato migliore. Tu non sei così, non tenti di essere affascinante a tutti i costi. Anche le turiste, spesso, non chiedono altro che una facile avventura. Come se fossimo tutti amanti focosi e senza sentimenti. Non pensano che ci potremmo innamorare. Tu ti sei mai innamorata, Aurora?»

Il mio volto doveva essere diventato scarlatto, perché mi ero sentita letteralmente avvolta dalle fiamme. Cosa dovevo rispondergli? Che ero completamente persa per lui? E come dovevo interpretare il suo discorso? Cosa aveva voluto dire affermando che mi apprezzava per la mia semplicità? Ammesso che fosse un complimento, poi. Non ne ero totalmente convinta.

«Io...beh...io...» avevo balbettato, cercando disperatamente di formulare un discorso.

«Scommetto di sì» aveva ipotizzato lui mettendosi a sedere e osservandomi da vicino. Molto da vicino.

L'ossigeno cominciava decisamente a mancarmi. Non ero mai stata un tipo spigliato, almeno non in quel senso. Ero sempre molto socievole in contesti familiari e con gli amici, ma nelle questioni di cuore mi perdevo. Certo, avevo solo sedici anni, ma mia cugina, ad esempio, pur avendo la mia stessa età era molto più navigata di me. La possibilità che quello stesse diventando un approccio romantico mi obnubilava totalmente il cervello.

Ero immobile a guardare i suoi specchi azzurri che brillavano lucenti, nonostante il buio.

«Non mi stai rispondendo» mi aveva incalzato.

Io avevo distolto lo sguardo e lo avevo puntato sulla luna.

«Non è così semplice, Sergio».

«L'amore non è semplice, lo credi anche tu?» mi aveva sussurrato, e io ero ben consapevole di quanto le nostre distanze si stessero accorciando. Il cuore che correva la maratona nel mio petto faceva a pugni con i miei tentativi di mostrarmi impassibile. Per quale motivo, poi, volevo mostrarmi impassibile? Non sarebbe stato meglio girarmi verso di lui e provare a vedere la sua prossima mossa?

«Sei così giovane, Aurora. Così giovane che sarebbe un delitto non permettere al tuo cuore di innamorarsi»

Mi ero finalmente voltata scoprendolo a due centimetri dal mio viso.

«Ti senti vecchio?» avevo risposto, cercando di ironizzare. «Mi risulta che tu abbia solo tre anni in più di me. Il discorso dovrebbe valere anche per te»

«E chi ti dice che io non sia innamorato?»

A quel punto credo che, se anche fosse scoppiato un ordigno nucleare nel bel mezzo della spiaggia, non mi sarei accorta di nulla. Stava per succedere? A me? La paura rischiava davvero di paralizzarmi. Sul suo viso passavano emozioni che non riuscivo a leggere.

Se era morso un labbro, visibilmente combattuto. Se non fossi stata timida in modo patologico mi sarei buttata io, ma proprio non ci riuscivo.

«Non so se sia giusto» aveva detto.

Cosa non sarebbe stato giusto? Innamorarsi? Baciarmi? Perché non si muoveva ad annullare le distanze?

«Lo sai che non sto capendo le tue parole, Sergio?»

Lui aveva tentennato, improvvisamente a disagio. «Queste cose non funzionano mai»

Ero veramente confusa, non riuscivo a capire dove volesse andare a parare.

«È che… spesso le stelle e la luna ci illudono, ma al mattino non resta che l'illusione della felicità» aveva spiegato.

«Secondo te è meglio vivere per un secondo l'illusione della felicità o rimpiangere di non averla mai assaggiata?» avevo risposto, stupendomi della mia improvvisa presa di posizione.

Sergio, regalandomi uno dei suoi splendidi sorrisi, si era avvicinato ancora di più. Il profumo della salsedine misto a quello della sua pelle mi inebriava.

«Come sempre, ragazzina, le tue parole mi stupiscono. Sarà fortunato chi avrà la fortuna di conquistare il tuo cuore»

Avrei voluto dirgli che il mio cuore era suo da un bel pezzo, ma quelle parole proprio non volevano uscire fuori.

La sua mano si era posata sul mio viso, tracciando carezze leggere sulla guancia con il pollice. Chiudendo gli occhi, ricordo di aver sperato che quella notte non finisse mai.

«È mezzanotte! Tutti in acqua!»

La voce squillante di Carla ci aveva stupito e separato. Sergio era tornato quello di sempre. La magia era passata.

«Che dici, bagno di mezzanotte?» mi aveva chiesto, alzandosi e preparandosi al tuffo.

Annuendo mi ero preparata anch'io a entrare in acqua, assolutamente consapevole che quel breve e illusorio momento di felicità non sarebbe più tornato.





Il canto sommesso delle cicale mi riporta al presente. Sono qui, nello stesso paesino di mare a guardare lo stesso panorama che ha fatto da sfondo alle mie estati di adolescente. Il matrimonio, all'interno, continua a produrre rumori festosi e disarmonici. Una lacrima mi solca di nuovo la guancia, la raccolgo su un dito e la osservo bene: attraverso la luce notturna sembra quasi avere dei riflessi argentei, è come una gemma che se ne sta lì a rammentarmi cose che vorrei dimenticare, ma che mio malgrado non riesco a lasciare andare.

Le occasioni perse. Quante ce ne sono state nella mia vita? Non molte, per fortuna, ma quel bacio mancato resta nella mia anima come una freccia infuocata che la dilania. Cosa sarebbe successo se avessi preso l'iniziativa, se non mi fossi vergognata troppo, se la mezzanotte non ci avesse preso di sorpresa?

Se, se, se… la nostra vita è costellata di se, di domande sospese, di decisioni sbagliate. A volte dimentichiamo questi intoppi, altre volte essi restano sottopelle come un tatuaggio nascosto e influenzano il nostro modo di vedere il mondo.

Amare Sergio ha sconvolto totalmente la mia vita, anche se lui non lo sa, anche se nessuno conosce quello che ho provato per lui. È stato un sentimento così profondo, così delicato e intenso che ancora oggi il suo ricordo mi perseguita. Negli anni ho imparato a conviverci, a non pensarci più del dovuto, ma inevitabilmente qualsiasi ragazzo che si sia avvicinato a me ha dovuto fare i conti con questa idea perfetta dell'amore. Idea perfetta, forse, perché irrealizzata.

«Carla mi ha detto che stai facendo compagnia alle zanzare»

La voce familiare mi attira subito verso la sua direzione. Gli sorrido, strofinandomi il dito ancora umido della mia lacrima sul vestito.

«Tutto bene, Aurora?»

«Sì, va tutto bene, è solo che questo posto è così bello, mi è mancato parecchio» rispondo.

«Perché ci hai snobbati. Per due anni. Due anni, piccola mascalzona, ti rendi conto? Mi dovevo sposare io per farti tornare all'ovile, tra i tuoi vecchi amici!»

Scuoto la testa e metto le mani avanti per difendermi. «Non vi ho snobbati, ma ormai è un secolo che non faccio una vacanza decente. Non me ne sono resa conto fino a stasera. Hai ragione, devo trovare il tempo per rivivere questi luoghi. Come sempre tu sei il mio Grillo Parlante»

«La voce della tua coscienza?»

«E il mio migliore amico» concludo con un sospiro mesto.

«Concederesti un ballo al tuo migliore amico?» mi chiede, avvicinandosi.

«Dovresti ballare con tua moglie» replico.

«Mia moglie dovrà sopportarmi per tutta la vita. Ora voglio ballare con la mia amica Aurora, quella che mi ha fatto capire che non c'è bisogno di una grande città per vivere felici»

La voragine alla bocca del mio stomaco ritorna prepotente, ma mi rifiuto di considerarla.

«La risposta, in realtà, era già dentro di te» sentenzio, sentendomi un po' filosofa.

«Ma tu l'hai tirata fuori. E ora niente scuse. Attenta a non pestarmi un piede, però» mi dice ridendo e attirandomi a sé. Io alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi celesti e limpidi.

«Ti auguro di essere felice, Sergio» gli sussurro con un sorriso.

Lui risponde al mio sorriso e mi stringe più forte. «Ho sposato la donna che amo e ho vicino a me una cara amica. Non potrei desiderare altro»

Mi abbandono e seguo i suoi movimenti. La musica risuona dall'interno verso l'esterno, ma io non l'ascolto. Vivo l'attimo, fingendo che, per un solo momento, quegli occhi di mare siano solo miei.

Forse è vero, è solo un'illusione, un regalo della luna che ci sovrasta, ma una volta tanto mi voglio aggrappare a quell'illusione, anche se è insensata, inconcludente, eterea.

Domattina l'illusione sarà scomparsa, ma ora il mio cuore batte ancora. In questo momento io amo ancora.










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