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lunedì 18 giugno 2018

Nuove uscite: Laura Rocca

Titolo: La scoperta del vero Amore
Autrice: Laura Rocca
Editore: Self publishing su Amazon
Genere: Romance contemporaneo 
autoconclusivo
Prezzo ed. Kindle: € 2,99 – (OFFERTA LANCIO 0,99) Disponibile anche per gli iscritti Kindle Unlimited
Cartaceo: € 17,16
Pagine: 561
Data uscita: 11/05/18




Sinossi

1 gennaio 2016

Caro diario,
perché faccio questa cosa idiota? Ah sì… Durante una delle mie serate dell’autocommiserazione, ho ingurgitato un pacco di biscotti ultra large, quelli con gocce di cioccolato, i migliori. Poi, l’istinto suicida mi ha spinto a salire sulla bilancia ed è stata la fine. Mi sono abbarbicata sul letto e ho preso il telecomando: volevo solo spegnere il cervello. Proprio in quel momento, è apparso l’intelligentissimo programma che mi ha dato questa idea.
«Sei infelice? Vorresti cambiare la tua vita?», ha detto il presentatore, come se si stesse rivolgendo a me. «Scrivi i tuoi obiettivi su un diario, le tue aspirazioni, cosa ti piace e ciò che detesti. Tutto diverrà più semplice e concreto. Riprendi in mano la tua vita!».
Ma torniamo a noi.
Mi chiamoCate ho ventisette anni, ma tu queste cose le sai già.
Quali sono i miei obiettivi?
Sembra una di quelle domande dementi che ti fanno ai colloqui di lavoro. Diciamo che al momento ho delle vane speranze: desidero qualche novità, qualche sorpresa che dia una svolta alla mia vita. Tanto so che a dicembre sarò qui ad augurarmi le stesse cose, e non ti odierò per aver riposto male le mie speranze.
Nel frattempo, però, ti prego, ti scongiuro, ti supplico: fammi svegliare con il corpo di Eva Herzigová. Compi il miracolo! Se proprio non puoi trasformarmi in una supermodella, fa almeno che il mio lavoro torni a rendermi felice e non sia una continua frustrazione.
In caso fossi colto da una generosità fuori dal normale, regalami lui, l’unico uomo di cui sia mai stata innamorata: Eli. Puoi anche impacchettarlo se vuoi; in realtà non sono una persona pretenziosa, quindi va bene anche senza fiocco. Vedi tu, insomma.

“Cosa cavolo sto scrivendo?”.

Credo che questa prima pagina si concluderà qui, forse anche il diario.
Che esperimento inutile…

Curiosità sul libro.

La scoperta del vero Amore è una storia particolare. La protagonista del libro non è una ragazza bellissima convinta di essere insignificante, Catherine ha realmente un problema, un “grande” problema: è obesa.
Quando ho deciso di scrivere di Catherine non volevo parlare di me stessa, (sì, sono un ex obesa, nel 2015 pesavo 110 kg), volevo parlare di un problema, ma soprattutto desideravo che lei non fosse un cliché sulle persone sovrappeso e che avesse molte sfaccettature, così mi è venuta un’idea.
Ho creato sul mio sito un questionario anonimo al quale avrebbero potuto rispondere tutti i miei lettori e le domande riguardavano appunto i problemi di sovrappeso.
La mia speranza era vedere il problema da tanti punti vista differenti.
Non sono capace di esprimere a parole la mia gratitudine e non riesco a raccontare di quanto io mi sia sentita onorata che così tante persone mi abbiano aperto il loro cuore, ma ho provato a fare in modo che in Catherine ci fosse un piccolo pezzetto di ogni persona che ha risposto.

Altre curiosità
·         Il titolo “La scoperta del vero Amore” ha un significato particolare, non si riduce all’amore romantico.
·         Le vicende si svolgono a Londra – essendo una storia ambientata nella realtà preferisco la narrazione abbia luogo in un posto che conosco bene, che mi suscita delle emozioni e che amo.
·         Il libro non sarà un testo sotto forma di diario. In realtà la trama che avete letto è l’inizio vero e proprio del libro. Ho fatto questa scelta onde evitare di rivelare troppo e perché mi piaceva l’idea di mostrarvi subito Catherine.
·         Il nome del protagonista maschile non si legge ELI ma ILAI
·         Sul mio canale you-tube, è disponibile un video nel quale racconto la mia storia da 110 a 62 kg https://www.youtube.com/watch?v=cNpObs03OtI&t=359s


ESTRATTI
Non posso fare a meno di ripensare al giorno in cui Eli è arrivato a lavorare qui.
«Catherine, posso interromperti?», domanda Kiersten, sporgendo la testa dall’uscio.
«Certo», rispondo incuriosita dalla sua intrusione.
«Domani inizierà il nuovo responsabile grafico. Visto che condividerà l’ufficio con te, ho pensato avrebbe potuto farti piacere incontrarlo anzitempo. È da me», spiega accennando con la testa verso il suo ufficio.
Steven, il responsabile grafico che occupava l’altra scrivania presente nella stanza, se n’è andato da poco, ha dato le dimissioni da un giorno all’altro per un lavoro meglio retribuito. Non che lo rimpianga. Chiassoso, risata sguaiata sempre pronta a partire, un asino che raglia è più gradevole. Sui cinquant’anni: occhi slavati, capelli di un castano grigiastro – color topo morto a essere onesti –, denti gialli e pancia prominente. La sua alitosi aveva un’aura talmente potente da costringermi a stare con una sciarpa davanti al naso per respirare. L’idea di fargli trovare un collutorio – o meglio una bottiglia di idraulico liquido – si è spesso affacciata alla mia mente.
Seguo Kiersten più che volentieri, dopotutto sono curiosa di incontrare il mio nuovo collega.
Signore, ti prego, fa' che si lavi i denti!”, invoco mentalmente.
Varchiamo la soglia e vedo subito un ragazzo alto e slanciato di spalle, osserva il panorama dello Skyline dalla finestra. Il rumore della porta attira la sua attenzione e si volta.
O. Mio. Dio”. Mi sembra che mi si siano svuotati i polmoni.
Le mani infilate nelle tasche dei jeans strappati ad arte, la posizione quasi indolente, l’anellino d’argento alla narice destra e un altro all’orecchio sinistro, la t-shirt aderente che segna un corpo asciutto e tonico.
Ma quelle braccia sono vere? Così lunghe e definite…”.
Il sole che si riversa dalla finestra dell’ufficio lo prende in pieno quando fa un passo avanti, e la luce gli illumina i capelli facendoli sembrare oro pallido.
Sono straordinariamente biondi...”.
Sto sbavando come un gatto preda di un’infezione alle ghiandole salivari. Questa immagine mi rimarrà impressa a fuoco nelle retine.
«Eli Khan», mi porge la mano, presentandosi.
E questa voce? Il suo nome... Ha detto il suo nome. Presentati, deficiente!”.
«Catherine Shaw, benvenuto», balbetto come se non fossi nemmeno capace a parlare e fissando le frange del tappeto di Kiersten.
Ti prego, dimmi che non farai il grafico nella stanza con me, ma gli spogliarelli!”.
Faccio l’errore di sollevare gli occhi per manifestare la cortesia di guardarlo in faccia.
Scrivete sulla mia tomba: è morta felice”.
Può un essere umano possedere occhi così azzurri? Esiste davvero questa sfumatura perfetta tra il celeste del cielo senza nuvole e il mare in tempesta?
Questo ragazzo non esiste, è un’allucinazione. Lo dico sempre che d’estate non devo camminare al sole, fa troppo caldo per me. Mi sveglierò all’ospedale. Non sono in ufficio, in questo momento sto sognando, svenuta su una barella del pronto soccorso. Quando tornerò a lavorare, ad attendermi, troverò Alito Muschiato Steven”.
Invece è la realtà e, quando torno verso il mio ufficio, sono più arrapata di una vergine di quarant’anni con la cintura di castità.
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Mi trascino fino al mio piccolo appartamento e faccio l’unica cosa che mi rende davvero felice: mangio. Non è ancora ora di cena, ma non mi importa, né mi preoccupo di prepararmi qualcosa che sembri sano. L’unica cosa degna di nota è ficcare qualcosa nello stomaco.
Sento di aver fame, una fame divorante.
Attacco Spotify, sperando che la musica mi aiuti. Partono gli Within Temptation ed è un sollievo.
Apro il congelatore, tiro fuori la confezione maxi di gelato pralinato al cioccolato e prendo un cucchiaio. Poi, come se fosse un mantra, recupero dalla dispensa le ciambelle giganti e torno a tavola. Fisso intensamente il pensile, come se mi fossi dimenticata qualcosa.
“Non ci penso neanche. Io dico no alle ciotole! La confezione non è forse già una ciotola? È anche ecologica: una volta finito il gelato, si ricicla. Perché sprecare acqua?”.
Apro la vaschetta da mezzo chilo e, senza pensarci due volte, immergo il cucchiaio che affonda nella crema morbida. Chiudo gli occhi e lo porto verso le labbra, soppesandolo e pregustando lo stordimento che mi regalerà. L’odore della glassa mi invade le narici e mi sembra già di avvertire in bocca il sapore rotondo del cioccolato e la croccantezza delle praline. 
Una goduria. 
Arraffo la prima ciambella, spalmo sopra una generosa dose di gelato e do il primo morso. Le mie papille gustative iniziano a ballare Waka Waka – sì, lo so, hanno gusti davvero discutibili – e mi sento subito meglio. I problemi spariscono, uno schiocco di dita – anzi di lingua – e tutto è risolto. 
Una gioia.
L’ingordigia mi assale: un’altra cucchiaiata, un altro morso, un’altra cucchiaiata, un altro morso. 
Sei ciambelle e mezza vaschetta dopo, mi blocco. Il senso di colpa – quel maledetto – mi colpisce come uno schiaffo ben assestato in pieno volto. Immagino la bilancia davanti a me e un altro brivido di disgusto mi scuote.
“Che cosa ho fatto?”.
Prima di abbuffarmi non ci penso mai, la fame oscura ogni pensiero. È colpa del buco nero – quella voragine oscura –, lui è avido di felicità, di emozioni, del mondo brillante che vedo quando mangio. La sua voracità si nutre di me.
“Complimenti vivissimi, Cat. Ti sei appena aggiudicata altri due chili in venti minuti! Una donna da Guinness World Record, non c'è che dire...”.

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Anche se Hettie non può vedermi, mi vergogno di me stessa. Sento il calore affluire alle guance e mi torna in mente una cosa terribile che ho fatto a novembre. Era da poco iniziato il mese, ma quel giorno la temperatura si era fatta stranamente mite; Eli, a metà mattinata, si era sfilato il maglione abbandonandolo sul bracciolo della sedia.
Quando si è alzato, ho supposto che fosse andato a prendersi un caffè.
“La porta è chiusa, non mi vedrà nessuno!”, ho pensato.
“Stai per fare un’idiozia!”, mi sono rimproverata.
Le mie mani si sono mosse da sole e il mio naso è improvvisamente affondato in mezzo a quella lana morbida e profumata.
“È il paradiso!”.
Poi l’orrore.
La risata di Eli chiara e limpida dietro la porta, qualcuno doveva averlo intercettato per fargli una battuta. Non sapevo perché era già tornato, ma chi lo aveva fermato mi aveva salvato la vita. Se mi avesse vista, sarebbe stato il caso di iniziare a scavare una fossa sino al centro della terra.
Improvvisamente quel maglione mi sembrava una pietra lavica che bruciava le mani; in preda al panico, l'ho scaraventato in fondo alla mia borsa. Un secondo dopo lui è entrato nella stanza e, fortunatamente, non si è accorto di niente.
Quando è arrivata l’ora di pranzo, mi ha chiesto se avevo visto il suo maglione…
«Sei disordinato come tutti gli uomini, chissà dove lo avrai lasciato», ho risposto facendo la sostenuta.
A quel punto non sapevo come farlo riapparire nella stanza all’improvviso, visto che lo aveva cercato ed era evidente non ci fosse.
“Tanto vale…”, avevo pensato. “Non posso buttarlo!”.
Da allora è gentilmente ospitato nel mio armadio, vitto e alloggio inclusi nel pacchetto, pagamento in sniffate. Purtroppo, stando in mezzo alla mia roba, ha quasi del tutto perso il suo odore originale.

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